Il metanolo: cos’è e come si gestisce nei processi di distillazione

micro distilleria

 

Noto come composto tossico per il corpo umano, il metanolo è una sostanza che vale la pena conoscere, soprattutto per chi si occupa di distillazione.

Spesso nel linguaggio comune il termine “etanolo” è considerato sinonimo di “alcol”, dimenticando che anche il metanolo o alcol metilico fa parte dell’ampia famiglia degli alcoli.

 

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Gli alcoli

Gli alcoli sono composti organici caratterizzati dalla presenza di un gruppo ossidrile (-OH) legato ad un carbonio saturo. La maggior parte degli alcoli coinvolti nella produzione di distillati sono legati ad un gruppo alchilico, quindi CH3OH (metanolo) o CH3CH2OH (etanolo). 

Definizione di metanolo

Il metanolo è l’alcol alchilico più semplice, con un peso molecolare di 32.04 g/mol e un punto di ebollizione di 65 °C a pressione atmosferica (che vale per il composto puro). Invece l’etanolo ha un peso molecolare di 46.07 g/mol e una temperatura di ebollizione di 78.4 °C a pressione atmosferica (sempre considerando il composto puro). Sia il metanolo sia l’etanolo sono miscibili in acqua in tutte le proporzioni.

L’alcol metilico non è dannoso di per sé, ma diventa problematico una volta metabolizzato dall’organismo umano. Infatti, se ingerito o assorbito, il metanolo genera formaldeide e acido formico, composti per noi fortemente tossici. La formazione di formaldeide nella retina è ad esempio responsabile della cecità, mentre l’acido formico può portare a uno stato di acidosi grave.

Non solo l’ingestione deve preoccuparci, in quando provoca cecità o morte, ma anche la prolungata esposizione della pelle al metanolo in forma di vapore o liquido, oppure l’inalazione del vapore.

 

Come si forma il metanolo

Il metanolo è un naturale prodotto della fermentazione di diversi vegetali, tra cui la frutta, le patate e l’agave. Il precursore della formazione di metanolo è la pectina, un polisaccaride complesso che si trova naturalmente nelle piante, comunemente usato nell’industria alimentare come gelificante per la preparazione di marmellate (E440).

Per tal motivo, il problema del metanolo è tanto più significativo quanto maggiore è il contenuto di pectina nella materia prima.

Ciò accade perché la pectina contiene gruppi funzionali esteri metilici, la cui idrolisi libera metanolo. Questa reazione è facilitata da vari enzimi, tra cui pectinasi e pectinesterasi, che si trovano naturalmente nei cereali, nella frutta e anche in alcuni ceppi di lievito.

 

Esempio

Prendiamo del succo d’arancia fresco con un contenuto di metanolo di 3.2 mg/l. Dopo solo tre ore alla temperatura di 4°C il contenuto di metanolo sale a 8.9 mg/l a causa dell’attività dell’enzima pectinesterasi endogeno. Se la temperatura di conservazione fosse di 30°C, il contenuto di metanolo dopo 3 ore salirebbe a 14.5 mg/l.

 

Idrolisi

Nelle reazioni di idrolisi si ha la scomposizione di una molecola in due parti, dove l’acqua è sia reagente sia solvente, spesso con l’azione di un catalizzatore. Nel corso del processo di distillazione bisogna prestare attenzione alla fase della fermentazione, perché è qui che può verificarsi la reazione di idrolisi che genera metanolo.

 

Come separare il metanolo in distillazione

Il metanolo è più volatile dell’etanolo in tutte le condizioni operative adottate dalle distillerie, quindi è possibile separarlo per distillazione come “teste” o “prodotto di testa”.

Nel caso di un impianto di distillazione discontinuo, il metanolo viene separato mediante un’opportuna scelta delle tempistiche del taglio di testa. Più il momento del taglio viene ritardato, maggiore è la quantità di metanolo che viene rimossa, ma nel processo si perde parte del “cuore”. È quindi indispensabile trovare il bilancio tra massima rimozione di metanolo e massima quantità di cuore prodotto.

In una colonna o impianto continui è possibile prelevare una corrente di “teste” ricca di metanolo, prelevandola dal reflusso della colonna. Dal momento che in questi impianti il distillato è solitamente a concentrazioni alcoliche più elevate rispetto a un impianto discontinuo, e le specifiche di purezza in metanolo sono spesso più stringenti, spesso viene impiegata una colonna demetilante. Nella colonna demetilante viene alimentata la corrente di distillato ad alta concentrazione alcolica, e al suo interno avviene la separazione tra metanolo, che costituisce il prodotto di testa, e l’etanolo, che costituisce il prodotto di coda. Ovviamente, vista la prossimità delle volatilità relative di metanolo e etanolo, il prodotto di coda (distillato demetilato) conterrà tracce di metanolo in concentrazioni al di sotto delle specifiche richieste, mentre il prodotto di testa, ricco di metanolo, conterrà quantità anche significative di etanolo.

Quest’ultima percentuale di etanolo costituisce un sottoprodotto della distillazione che è opportuno recuperare, in modo da evitare sprechi e migliorare l’efficienza globale della distilleria.

 

Come analizzare la quantità di metanolo in un distillato

L’analisi del contenuto di metanolo nel distillato è possibile mediante analisi gascromatografica (GC), una tecnologia che permette di separare la miscela in fase vapore, isolando i singoli componenti. 

È possibile esternalizzare questo tipo di analisi facendole svolgere a laboratori specializzati, oppure dotare le proprie distillerie di unità in-house per poter procedere in autonomia.

 

Limiti legali del metanolo

La normativa di riferimento per l’Italia è il regolamento UE 2019/787 del 17 aprile 2019.1

tabella metanolo

Conclusione

Noto come sottoprodotto indesiderato della distilleria soprattutto domestica, il metanolo è un rischio concreto a cui anche le distillerie devono prestare attenzione. Per questo è importante seguire correttamente le procedure idonee alla sua riduzione entro i limiti di legge, in modo da eliminare la tossicità per l’essere umano e garantire una degustazione sicura del prodotto finale.